Ripensiamo la nostra storia
Il passato è molto più attuale di quanto comunemente si è portati a credere. Ma questa attualità non sempre traspare dalle testimonianze storiche e dalle rappresentazioni di luoghi, documenti e fatti che periodicamente sono offerti ai mesagnesi, purtroppo non sempre disinteressatamente. La riscoperta della storia di Mesagne non serve a conoscere come sarà il paese domani ma serve a sapere chi siamo e perché oggi le cose vanno in un certo modo piuttosto che in un altro. È in pratica la chiave per capire meglio il presente. Per poter capire la complessa trama di questo nostro presente se ne devono cercare i fili nel passato, remoto o prossimo che sia. Farlo costa certamente fatica, non sempre capita ed apprezzata. Tale fatica è alleviata e, forse, capita sino in fondo solo nel caso in cui i protagonisti sono gli uomini che hanno calcato la nostra terra lasciandovi orme più o meno profonde. La storia locale deve, quindi, necessariamente riguardare vicende concrete le quali, per essere comprese e fruite, devono essere attualizzate il più possibile, lungo una linea di svolgimento che dal passato conduca tutti noi al presente. In caso contrario la confusione è certa, soprattutto se si continua a privilegiare luoghi, palazzi e monumenti a discapito dei fatti concreti e degli uomini che li hanno originati, troppo spesso sottovalutati, sia gli uni che gli altri. Ci sono sicuramente fenomeni, per così dire, di lungo respiro ma è indubbio che le pagine della nostra storia sono state scritte da uomini concreti, molto spesso di umili origini. Non possiamo, però, nascondere la complessità della storia in genere, ma è proprio per questa ragione che non si deve mai correre il rischio di rendere troppo specialistiche le indagini, lo studio e le pubblicazioni. Occorre, invece, cercare con pazienza in ogni direzione possibile ed ogni apporto, anche minimo, è un elemento in più che serve a far conoscere meglio la complessità del passato e del presente. Evitiamo, perciò, di fare della riscoperta della nostra microstoria una sorta di moda. Il rischio è, purtroppo, reale. Occorre, invece, ricondurre la narrazione storica locale alle sue linee essenziali, cercando, nel contempo, di conoscere sia il senso generale dei macroeventi che i singoli specifici eventi locali, anche quelli particolari, senza i quali non sarebbe possibile una reale comprensione del nostro passato e meno che mai del nostro presente. Tutto ciò è utile alla nostra comunità per la semplice ragione che lo studio della storia contiene in sé una forte consapevolezza civile, una vera educazione civica che, se vuol approdare al reale rispetto della persona umana, deve per forza partire dal riconoscimento della eguale dignità di ogni uomo, a prescindere dalla sua condizione sociale. L’Istituto Culturale Storia e Territorio, consapevole della profonda correttezza di questo messaggio, conduce ormai da tempo ed attraverso varie iniziative e pubblicazioni, una battaglia non facile, nel tentativo di recuperare pazientemente, ma tenacemente, pezzi della nostra storia, per capire chi eravamo e, soprattutto, chi siamo.
Maggio 1997 – Marcello Ignone
Giubileo festa di liberazione
L’anno di grazia del Signore.
E’ la definizione che la Bibbia nel libro del levitino dà al cinquantesimo anno che si apriva con il suono della tromba, il corno dell’ariete, Jobel, donde il termine Giubileo. Israele, popolo teocratico, osservava questa istituzione socio-religiosa per riconoscere il dominio di Dio sugli uomini e sulla natura. La centralità di Dio doveva essere riconosciuta con la osservanza dei Comandamenti, mediante la verifica dei comportamenti che il Decalogo doveva ispirare nella vita privata e pubblica. K0agire, a volte dissennato dell’uomo, esigeva un riequilibrio che si traduceva nel lasciare riposare la terra, nel concedere la liberazione degli schiavi; il condono dei debiti. In tale contesto biblico, il papa Bonifacio VIII apre la serie degli anni giubilari della Chiesa. Un grande, pubblico, solenne atto di fede in Gesù Cristo, Signore della Storia, che ha portato a compimento il progetto di Dio Padre Liberatore e Salvatore. Nel Grande Giubileo dell’Anno Santo 2000, Gesù di Nazareth è il “festeggiato”, nel bimillenario della sua Incarnazione. Gesto di amore infinito per elevare la persona umana ad altissima dignità. Il suo intervento salvifico nella nostra storia è motivo di grande gioia (“Gaudium magnum”) e il termine Giubileo è sinonimo di gioia. La Chiesa gioisce per la salvezza e reca il lieto annuncio a tutti gli uomini, destinatari dell’amore paterno dui Dio che volge ai suoi figli lo sguardo della misericordia e del perdono.
Tre grandi segni lo caratterizzano:
Il pellegrinaggio che trascende il semplice viaggio verso le Basiliche romane, per divenire cammino spirituale di incontro con Dio e di ricerca del senso profondo dell’esistenza.
La Porta Santa, simbolo di Gesù Cristo che dice “io sono la porta”. “Essa evoca – dice il Papa – il passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia” nello spirito di una vera conversione con il coraggio di lasciare quanto non è in sintonia con il Vangelo.
L’indulgenza, coronamento della gioia del perdono che nell’esperienza della misericordia divina sospinge ad essere misericordiosi verso i fratelli. E qui scatta, nell’empito dell’amore, il beneficio spirituale da conseguire, come remissione della pena temporale della colpa, compiendo gesti di carità verso gli ammalati, i disabili, gli emarginati e in particolare verso i poveri ai quali la Chiesa italiana guarda per la estinzione del debito internazionale, nella specie a due nazioni dell’Africa: la Guinea e lo Zambia.
L’evento giubilare ha dunque la sua centralità in Cristo e nell’uomo e va vissuto nella profondità del cuore.
Aprile 2000